martedì 17 dicembre 2013

Un tranquillo giorno di lavoro a Venezia

Venezia ... esterno ...Ore 6:30 

Ultimo lembo di terra percorribile con l'automobile. Sì, l'ultimo. Perchè a te che stai ridendo di quello che hai appena letto, ti devo ricordare che Venezia non è una città come le altre. Non sono un ultrà fanatico di calcio, innamorato perso della propria città, ma semplicemente riporto la realtà.

Venezia, non ha strade, non ci trovi automobili che sfrecciano a tutta velocità e non ci sono nemmeno semafori o parcheggi selvaggi in doppia fila.
Semplicemente trovi il lento galleggiare delle barche, i piccioni, che alla mattina presto stanno ancora dormendo rannicchiati su se stessi... ed un pazzo fotografo che cammina piegato a metà tra la borsa con l'attrezzatura ed il cavalletto.

Tutto è più difficile a Venezia: gli spostamenti, gli appuntamenti, la pianificazione del lavoro, ecc...

Alle 6:30 la città sta ancora dormendo. Gli unici a girare per la città sono i capitani dei vaporetti che iniziano il turno, i neturbini, i piazzisti di merce ed i piccioni.

Mi fermo all'imbarcadero ... IMBARCADERO: chiatta galleggiante, che funge l'equivalente funzione della fermate del bus metropolitano ... 

L'umida dell'inverno trasforma il cavalletto in unico blocco di ghiaccio e mi fa ricordare di aver dimenticato i guanti a casa.

Il vaporetto arriva ed il suo attracco fa sobbalzare, l'unico piccione che stava dormendo sul bordo della chiatta e lo fa volare via.

Il viaggio fino a destinazione è rallentato dalla nebbia che avvolge tutta la città, come una melassa grigia. Anche l'acqua sembra più scura del solito.

Davanti ai miei occhi, passano come in una passerella di belle donne, uno ad uno i palazzi antichi, illuminati dalle luci delle stanze i cui occupanti hanno deciso di litigare con il sonno.
Il ponte di Rialto, maestoso nella sua apertura alare, mi avvisa di essere arrivato.

Ancora pochi passi e sono arrivato. Il sole inizia a far capolino, ma è ancora troppo timido per alzare la glassa delle nebbia.
I sacchetti delle immondizie, giacciono immobili come ubriachi addormentati sul ciglio di casa, in attesa che i netturbini li portino via.


Superato un vicolo, mi si presenta nella sua totalità la facciata del teatro Goldoni. Al mio arrivo, sembra aprire un occhio e richiuderlo dopo aver capito che sono solo un fotografo e nulla di più.

Mi sta aspettando un negozio, molto più bello e molto più magico del teatro (speriamo non si arrabbi il teatro).

Servizio e via. In perfetto orario, ora devo pedalare (si fa per dire, perchè a Venezia è vietato girare in bicicletta).

Di nuovo vaporetto. Prima di salire litigo con la tessera magnetica, che si diverte ad infilarsi nella tasca sbagliata, come se giocasse a nascondino.
Nel frattempo telefonate, messaggi, mail... bello essere connessi, ma risulta difficile quando hai sulle spalle l'attrezzatura.

Oggi l'orologio mi è amico e riesco ad arrivare preciso all'appuntamento prefissato.
Analisi dell'ambiente da fotografare. Piccola pausa di relax, assaporando il sole che prova invano, a spingere via la nebbia.

La città è quasi sveglia. La gente inizia riempire i campi e le calli.
Servizio e via.

L'ultima tappa in un'osteria dove mi aspetta il quarto caffè di oggi.
Il vicino negozio di frutta e verdura, ha una piccola folla di gente, che cerca di scaldarsi immersa ognuno dentro il proprio piumino, che mi ricordano tanto i salami appesi.

Ultimo servizio poco prima dell'ora di pranzo. 
Regola personale: mai fotografare cibo con lo stomaco vuoto!
Risultato: brontolii vari dalla fame.

Ultimo servizio finito.
Saluto e mi incammino verso casa.

Attrezzatura da una parte e blocco di ghiaccio ... no volevo dire... cavalletto dall'altra.
La nebbia si è fatta quasi più luminosa, ma sempre grigia.

Il vociare dei cinesi che fotografano i piccioni infreddoliti, mi fa sorridere.

Alle spalle mi lascio una città che nasconde tesori meravigliosi, fatti di persone e storie... e mi convinco che è il mio compito farli vedere al mondo.


www.claudiocaporello.com

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